Quella di lasciare il lavoro per viaggiare è stata una decisione necessaria ma non priva di dubbi e ripensamenti. Li trovate tutti in questo articolo!

lasciare il lavoro per viaggiare - Lasciare il lavoro per viaggiare e vivere nell'incertezza: coraggio o incoscienza?

Oggi, per la prima volta dopo tanto tempo, ho dubitato di quello che voglio nella mia vita.

In realtà lo so, lo so da sempre.

Ma quando ragioni troppo la razionalità e la paura rischiano di prendere il sopravvento.
Lasciare il lavoro, il posto fisso, per una vita di incertezze. Una follia dal punto di vista dell’italiano medio (leggi qua cosa mi ha portata a questo punto!).

Sono mesi che mi sento dire da chiunque di pensarci bene/che non posso tornare indietro/che tanti vorrebbero il mio posto di lavoro.

Che dovrei sentirmi una privilegiata. Che lasciare il lavoro per andarmene in giro per il mondo è una cazzata.

Ho imparato a gestire questi discorsi e soprattutto ho capito che agli occhi dei più la mia è una scelta talmente estrema che non viene non solo non condivisa ma nemmeno capita. Ho visto più sguardi interrogativi in quest’ultimo periodo che in tutta la mia vita. Visi spaesati, cervelli in cortocircuito.

Per quanto tu sia convinto di quello in cui credi, a forza di sentirti dire le stesse cose va a finire che inizi a pensare che forse stai sbagliando tu, che hanno ragione gli altri.
Inizia a preoccuparti di non farcela, di essere pazza, di aver travisato completamente il senso della vita. E se davvero fosse tutta una questione di compromessi? Se davvero uno non potesse scegliere liberamente di fare ciò che più lo rende felice? Se fossi una povera illusa? E se non avrò abbastanza soldi? E se mi stancherò? Il mio lavoro non sarà li ad aspettarmi. E come si fa senza pensione? E se mi ammalo?

Mi sono sentita in trappola.

Ma è mai possibile che un cavolo di lavoro possa determinare tutta la tua vita? La mia è una generazione che non è fatta di posti fissi, c’è gente che passa anni saltando da un contratto all’altro prima di trovare un lavoro che possa definirsi tale e anche a quel punto non avrà fondi sufficienti per comprare una casa o mettere su famiglia come si deve. C’è chi il posto fisso non lo vedrà mai.
E allora cosa facciamo?
Espatriamo.

Ci siamo cresciuti con ‘sto mito del posto fisso, tanto che ci sembra l’unica via possibile. Non riusciamo a vedere oltre.

La pensione si, magari. E tutta quella gente che ha lavorato una vita e si è vista licenziare a 50 anni a qualche anno dalla pensione? Che rabbia devono avere in corpo queste persone? Davvero a noi andrà meglio? Chi ce lo assicura? Davvero dovremmo ancora far affidamento su una classe politica che cambia le leggi da un giorno all’altro giocando con la vita delle persone?

Lasciare il lavoro per inseguire le proprie passioni

E i nostri interessi? È giusto relegarli a qualche ora nel weekend? E se fosse una passione che richiede tempo (come viaggiare)? È giusto lavorare a testa bassa tutto l’anno risparmiando ogni euro possibile per riuscire a permetterci due o tre settimane di vacanza? E tornare con una valigia piena zeppa di souvenir senza aver capito niente del luogo che abbiamo visitato?

Sia chiaro, non è che non mi sia mai posta il problema, non vivo nel mio piccolo mondo di arcobaleni e unicorni. In realtà ci penso costantemente. Sono una a cui piace pianificare, che prova a minimizzare i rischi, che cerca sempre di essere previdente. Ma a un certo punto bisogna ascoltare se stessi, bisogna guardarsi allo specchio e dirsi la verità.

Io penso che i sogni in quanto tali non sono mai illusioni, nei limiti del buonsenso. Sto parlando dei sogni che possono diventare realtà con il coraggio, il sacrificio e la testardaggine. Fa male quando mi sento dare dell‘illusa, non tanto per una questione personale, ma perché è a causa di questa visione pessimistica che la gente continua ad essere insoddisfatta della propria vita. Pessimismo, e paura di sbagliare. Paura di abbandonare uno status-quo. Paura di non soddisfare le aspettative altrui. Paura di lasciare il lavoro, un lavoro che quasi sempre ci da una finta sensazione di sicurezza. Paura di sentirsi diversi. Paura dell’incertezza. Per tanti tutto questo è un prezzo troppo alto da pagare. Secondo me il prezzo più alto in assoluto è il rimpianto. Il rimpianto di non aver seguito una vocazione, quello di non aver dedicato gli anni migliori della nostra vita a realizzarci, a metterci alla prova, a provare a capire chi siamo veramente. A provare ad essere felici.

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Chi è il pazzo qui?

D’altra parte, è anche vero che un minimo di stabilità finanziaria è necessaria per avere quella tranquillità che ci permette poi di godere di tutte le altre cose. Non ha senso, per esempio, mollare tutto quanto per vivere in un posto meraviglioso e poi doversi preoccupare costantemente di trovare i soldi per pagare questo e quello. Quello del svegliarsi una mattina e mandare tutto all’aria per scappare su un’isola sperduta è una balla colossale, una cosa che ci diciamo fra colleghi quando siamo stressati per farci forza a vicenda. Bisogna avere un piano, un’idea di come far funzionare le cose. Se necessario, bisogna saper aspettare che le condizioni necessarie alla realizzazione del nostro progetto siano a nostro favore (per esempio: pagare i propri debiti prima di lanciarsi in una nuova impresa).

Credo che tutto sia relativo. Credo che non tutto vada bene per tutti, che ognuno ha il suo personale concetto di felicità e benessere.

Credo che tanti di quelli che mi dicono che sono matta e che criticano le mie scelte sono gli stessi a cui viene l’ansia di svegliarsi al mattino perchè devono fare una lavoro che non amano e che non li gratifica, gli stessi che sopravvivono giorno dopo giorno aspettando le ferie per tirare un sospiro di sollievo. Quelli che si sposano e poi si lamentano di avere una moglie che gli sta addosso, quelli che comprano casa e poi si lamentano di dover pagare il mutuo, quelli che escono a bere con i colleghi quando in realtà non vorrebbero averci niente a che fare, quelli che l’aperitivo è sacro perchè ti fa dimenticare la giornata che è appena trascorsa.

Cosa c’è di normale in tutto questo?

Potrò avere tutti i dubbi di questo mondo, ma una cosa è certa: non voglio finire cosi. Voglio essere felice. Davvero felice. Come ognuno di noi merita di essere.

È chiedere troppo?

 

Tania

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Ho mollato il lavoro perchè volevo viaggiare a tempo pieno. Nel mio blog vi insegno come viaggiare più a lungo spendendo meno!

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valentina fabbri

Lasciare il posto fisso é una pazzia, o é una pazzia continuare a fare ció che non ci da gioia ne stimoli, solo per dovere verso la societá?

Silvia

Concordo su tutto ciò che hai scritto e ti dirò di più, io stessa ho cominciato a mettere pian piano le fondamenta per realizzare questo sogno. Se ti fa piacere potremmo parlarne in modo più approfondito, nel frattempo ti faccio un grande augurio di cuore perché è vero, per essere felice ci vuole coraggio… Coraggio di uscire dalla propria confort zone e riprendere in mano la propria vita senza soffocare più la nostra anima. ❤️✌🏻

Teresa

Bravissima, mi somigli tanto ma sei più coraggiosa