Il downshifting, o semplicità volontaria, potrebbe essere la soluzione ideale per sfuggire alla trappola della società materialista in cui viviamo.

Non avete mai l’impressione di essere come dei criceti sulla ruota? Non vi sembra di correre, correre, correre sempre piu forte e non arrivare mai da nessuna parte?
Per molto tempo ho avuto la sensazione di rincorrere senza sosta le cose che pensavo mi avrebbero resa felice.
Compravo montagne di oggetti: arredamento e vestiti soprattutto. Volevo dare alla mia vita una forma che secondo i miei canoni corrispondeva alla felicità. Dopo tutti i soldi spesi per le cose che volevo non ero mai felice. In tutto questo il mio conto in banca piangeva.
Prima di allora avevo sentito parlare di downshifting, ma non pensavo fosse qualcosa di cui avessi bisogno (in realtà mi sbagliavo di grosso).
Nel 2016 decisi di prendermi un anno sabbatico per vedere l’Australia, e dovetti quindi abbandonare il mio appartamento: rimasi sconvolta quando mi resi conto che tutte le mie cose faticavano a stare sul camion di mio padre.
La cosa si fece ancora più evidente quando tornai dal mio viaggio: dopo aver vissuto un anno intero con le tre cose che avevo nel mio zaino, ho realizzato che in realtà compravo tutte quegli oggetti per colmare un buco enorme dentro di me. Avevo cercato di sostituire le cose che mi rendevano veramente felice, come viaggiare, conoscere gente, vivere nuove esperienze (cose che in quel momento mi mancavano terribilmente) con gli oggetti, sperando di ottenere lo stesso effetto. Il mio è solo un esempio, ma credo che, chi più chi meno, siamo tutti affetti da questa sindrome. La sindrome del “compra che ti passa”. Ci sembra sempre che ci manchi qualcosa, e ci convinciamo che una volta che l’avremo ottenuta raggiungeremo la pace dei sensi.
Cosa che non succede mai. Allora mi sono chiesta se fosse quella la strada giusta.
Forse c’era qualcosa di molto sbagliato in questo meccanismo.
Cos’è il Downshifting
La prima volta che ho sentito parlare di Downshifting ho pensato che fosse un’idea meravigliosa, qualcosa che avesse finalmente un senso logico. Leggerne era come aver aperto una finestra per far entrare un po’ di aria fresca.
Il Downshifting è un concetto che è stato introdotto per la prima volta nei primi anni ’90 ed esprime il desiderio di alcune categorie di lavoratori (soprattutto manager e lavoratori con un alto salario) di lavorare di meno, e quindi percepire uno stipendio minore, per poter godere di maggior tempo libero. Questo comporta, di conseguenza, il dover rinunciare a una serie di cose a cui si era abituati, e che non potranno più rientrare nel nuovo budget.
Ma perchè guadagnare di meno e rinunciare alle mie cose dovrebbe farmi vivere meglio?
È vero, sembra un controsenso, ma è proprio per questo che quello del Downshifting è un concetto rivoluzionario, una controtendenza. Fino ad oggi ci hanno raccontato che se abbiamo tanti soldi possiamo comprarci tante cose che ci faranno vivere per sempre felici e contenti.
Sapete cosa c’è di nuovo? È la balla più grossa del mondo.
Avere tante cose ci tiene occupata la testa, non ci fa pensare ai problemi, ci da un senso di gratificazione istantaneo (si, come una droga). Avere la casa piena di cose ci da l’illusione di essere ricchi, di trovarci in una situazione di benessere.
Viviamo in quella parte del mondo che dal dopoguerra in poi ha visto innalzarsi progressivamente la qualità della vita. La paura di ricadere nella povertà ha spinto la nostra società a voler accumulare sempre più ricchezza. La nostra percezione di felicità e di benessere ha cominciato a dipendere sempre più dalla quantità di soldi che possediamo: ci siamo spinti talmente oltre che siamo rimasti incastrati negli ingranaggi del meccanismo che noi stessi abbiamo creato. Ci siamo dimenticati chi siamo (esseri umani, e non macchine per produrre soldi). Abbiamo venduto il nostro tempo, la nostra salute mentale e fisica, le nostre necessità più basilari, come coltivare i rapporti umani, soddisfare la curiosità ed esplorare ciò che non conosciamo, conoscere noi stessi, in cambio delle cose. Cose belle, cose costose, ma pur sempre cose. L’I-phone, l’arredamento di design, la casa al mare, il suv, la piega dal parrucchiere, il resort di lusso, l’aperitivo nel locale giusto con la gente giusta.
Il consumismo ci sta divorando, ed è ora che ce ne rendiamo conto. Tutti noi ci lamentiamo che lavoriamo troppo e male, che chi detiene il potere si ingrassa sulle nostre spalle mentre noi facciamo sempre più fatica ad arrivare alla fine di ‘sto benedetto mese. Ma sembra che nessuno riesca (o voglia) mai fare niente per cambiare questa situazione.
Alla fine dei conti, siamo tutti sulla stessa barca. Come si dice, mal comune mezzo gaudio.

Se le regole del gioco, nonostante tutto, vi piacciono, continuate a giocare. Ma sappiate che c’è un modo per chiamarsi fuori.
Il Downshifting non è altro che la decisione consapevole e volontaria di rinunciare ai contentini materialistici che la nostra società cerca di propinarci per riprenderci noi stessi e la nostra libertà.
In un mondo che ci dice continuamente di spingere sull’acceleratore, di lavorare di più e per sempre più tempo (a quanto è arrivata l’età pensionabile? 103 anni?), di guadagnare sempre di più per star dietro all’inflazione, di comprare sempre più cose (che NON ci servono) per “far girare l’economia”, c’è qualcuno che dice: “No. Fatelo voi, io non ci sto più“.
L’unico modo per vincere un gioco che sei destinato a perdere è non giocare affatto.

Come si fa Downshifting
All’inizio dell’articolo ho parlato del downshifting come un fenomeno che ha interessato, per la maggior parte, lavoratori con un certo tipo di salario, perchè rinunciare ad una parte di stipendio nel loro caso voleva dire comunque mantenere uno stile di vita dignitoso, seppur più semplice. Per noi normo-stipendiati il discorso è un po’ diverso: probabilmente non potremmo rinunciare a cose come il suv per passare all’utilitaria, perchè probabilmente stiamo già andando in giro col pandino, ma il concetto rimane valido.
La chiave di tutto questo discorso sta nel riconoscere la bellezza di una vita semplice, ma più autentica.
Il libro che mi ha aperto gli occhi
Un libro bellissimo, e forse il più autorevole in italia per quanto riguarda il tema del Downshifting è “Adesso basta” di Simone Perotti. Perotti è un ex manager di azienda che a un certo punto della sua vita si è reso conto che non ne poteva più di riunioni interminabili e giornate intere passate in mezzo al traffico, ed ha rinunciato al suo invidiabile stipendio per fare lo skipper e scrivere libri. Per un po’ di anni ha vissuto rinunciando a tante delle comodità a cui era abituato, per riuscire ad accumulare la ricchezza che gli sarebbe bastata per poter mollare il suo lavoro e fare quello che più gli piaceva.
Il suo libro esprime il concetto di Downshifting in una maniera molto bella e completa. Perotti è uno che sa il fatto suo. Peccato che il libro sia rivolto a chi ha un salario simile al suo: le uniche speranze che lascia a chi prende “solo” 1600 euro al mese è quella di aspettare che un familiare muoia e che lasci un’eredità.
Un po’ triste.
È chiaro che un concetto del genere può essere valido solamente sopra una certa soglia di reddito: chi fa veramente fatica a tirare avanti, chi ha un’intera famiglia sulle spalle, dovrà intraprendere altre vie e trovare altre soluzioni. Ma ci sono tanti di noi, tanti come me fino a qualche tempo fa, che spendono e spandono senza pensarci. Alcuni vivono addirittura al di sopra delle loro possibilità. Il problema è che siamo talmente abituati a certi lussi che non ci siamo mai fermati a pensare: “Aspetta, forse di questa cosa potrei fare a meno“.
Il primo passo verso il downshifting è questo: renderci conto di quali siano quelle cose e quelle abitudini che non ci servono, non ci gratificano, non ci rendono felici, o magari lo facevano un tempo ma ora non piu. Ed eliminarle dalla nostra vita.
Una volta innescato, il processo di downshifting si estenderà inevitabilmente a tutti gli ambiti della nostra vita. Inoltre, il Downshifting, lega a doppio filo i concetti di risparmio economico e tutela dell’ambiente.
Facciamo un esempio:
Mettiamo il caso che uno stia cercando di mettere via qualcosina di più tutti i mesi: la prima cosa che può fare è andare a fare la spesa in una bottega locale o dal contadino (o tramite un GAS, gruppi di acquisto solidale) invece che al supermercato = meno rifiuti, meno inquinamento dovuto al trasporto dei prodotti che vengono da chissà dove. Un’altra cosa che può fare è produrre i propri detergenti per la casa in modo autonomo (con aceto, bicarbonato, acido citrico ed altre sostanze facilmente reperibili che hanno un costo ridicolo). Invece di usare la macchina per andare al lavoro userà la bicicletta o i mezzi pubblici = meno inquinamento e annullamento dei costi per il carburante. Invece che andare al ristorante tre volte a settimana magari ci andrà una volta sola, e gli altri giorni imparerà a cucinare. Invece di fare l’aperitivo con i colleghi nel solito locale noioso in città andrà a fare una passeggiata o inviterà qualche VERO amico a casa, per scambiare qualche VERA chiacchiera. Invece di svaligiare il centro commerciale il sabato pomeriggio proverà a dare un’occhiata al mercatino dell’usato, risparmiando soldi, evitando di fare i propri acquisti in una di quelle catene non proprio eticamente corrette (ergo: sfruttamento dei lavoratori e dell’ambiente), prolungando la vita di un altro capo altrimenti destinato ad essere buttato.
Lo so, sembrano tutti discorsi da frikkettoni, ma è questo quello che dobbiamo fare se vogliamo fregare il sistema. In realtà il downshifting non è altro che un ritorno al passato, prima che il boom economico ci travolgesse. Prima che diventassimo tutti dei consumisti patentati.

L’importanza di rallentare
Uno stile di vita come quello che vi ho descritto sopra richiede una cosa che molti di noi aborrano, una cosa che ci da una sensazione quasi fastidiosa: la lentezza.
Vivere lentamente al giorno d’oggi è quasi impossibile: ci hanno insegnato ad essere multitasking, ad ottimizzare i tempi, a rendere produttivo ogni momento della nostra giornata. Siamo arrivati al punto che anche in vacanza non riusciamo a rilassarci: dobbiamo avere sempre qualcosa da fare o qualcuno che ci intrattenga altrimenti ci sentiamo inutili. Il Downshifting ci insegna a prenderci il nostro tempo.
Per esempio, usare la bicicletta invece della macchina richiederà più tempo per spostarci, ma durante il tragitto potremo osservare cosa c’è intorno a noi, salutare le persone che incrociamo e magari fermarci a parlare del più e del meno con gli anziani seduti al bar. Comprare di seconda mano vuol dire impiegare più tempo per trovare quello che ci serve, ma avremmo speso quella mezz’ora spulciando fra i tesori nascosti che solo un mercatino dell’usato può celare. Se facciamo la spesa in bottega dovremo magari fare un po’ di fila, ma nel frattempo potremmo scambiare quattro chiacchiere con gli altri clienti: chi ci servirà ci saprà consigliare sui prodotti del giorno e ci tratterà con un occhio di riguardo se diventeremo clienti affezionati. Non è meglio questo della commessa scoglionata che neanche ti guarda in faccia?
A qualcuno tutto questo sembrerà una perdita di tempo: io penso che il tempo che perdiamo lo guadagniamo in salute e rapporti umani. Vivere con lentezza, secondo me, ci aiuterebbe a tornare ad una dimensione più umana della vita, una dimensione che stiamo piano piano andando a perdere.
Le relazioni
Il concetto di Downshifting può essere applicato non solo alle cose materiali, ma anche alle relazioni e ai rapporti umani.
Liberarsi di quelle persone che ci riempiono di negatività è una sensazione bellissima.
Ognuno di noi ha quell’amico/collega che ci fa venire l’ansia, che appena ci vede ci inonda con i suoi problemi, quella persona che vede sempre tutto nero, o che si diverte a sminuirci, con cui per qualche motivo non è piacevole parlare, magari qualcuno pettegolo e maligno. Insomma, qualcuno di cui faremmo volentieri a meno. Se potete, tagliate i ponti (non dico di mandarli a quel paese, solo di allontanarvi), oppure non fatevi trovare, sparite.
Lo stesso discorso è valido per i social network: se dopo aver guardato la vostra bacheca di Facebook vi sentite male, allora vuol dire che avete visto qualcosa che vi ha suscitato delle brutte sensazioni. Eliminate tutto quello che vi da fastidio, togliete amicizie o perlomeno nascondete le persone che non volete seguire dal vostro feed. A me capitava spessissimo di sentirmi male dopo aver guardato Facebook; un po’ perchè mi suscitava invidia (sui social si sa, la vita degli altri sembra sempre migliore della nostra), un po’ perchè sapere i fatti di tutti sempre e comunque era qualcosa che non mi interessava e che creava solamente immondizia nel mio cervello. Cosi ho deciso semplicemente di eliminare le amicizie delle persone di cui fondamentalmente non mi interessava un fico secco e di cui avrei fatto volentieri a meno. Una delle decisioni migliori di sempre.
Conclusioni
La verità è che per quanto io sia una sostenitrice di questo stile di vita sono convinta che in parecchi storceranno il naso dopo aver letto questo articolo. Io credo che ognuno abbia i propri valori nella vita, e, come in tutte le cose, non tutto può andar bene per tutti. C’è chi spende tutto lo stipendio per circondarsi di cose belle e costose, ed è la persona più felice del mondo.
Ognuno di noi dovrebbe trovare la propria via, il suo modo di star bene al mondo. Per alcuni di noi il mondo in cui viviamo non è quello che sognavamo, e credo che sia nostro dovere cercare di migliorarlo. O perlomeno trovare il modo di mettere in pratica i valori in cui crediamo nella vita di tutti i giorni.
Spero, se non altro, di avervi lasciato qualche spunto per una riflessione.
Per chi volesse approfondire l’argomento, ecco qualche lettura interessante sul tema del Downshifting:
“Scappo dalla città: manuale pratico di downshifting, decrescita, autoproduzione” di Grazia Cacciola
” Downshifting. Come lavorare meno e godersi la vita” di John D. Drake
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Perotti è finto, secondo me non ha rinunciato a niente, potrà sempre tornare alle proprietà di famiglia, l’ho seguito per un po’ sui social, il tempo lo consuma comunque a racimolare danaro con i sogni che racconta.
L’approccio di Perotti è sicuramente d’elite, nel senso che o hai una solida base di denaro su cui poter contare, oppure la situazione si fa difficile, ma lui non ne fa un mistero nel suo libro. Per quanto anche a me non sia piaciuto del tutto il suo modo di vedere le cose mi è comunque stato d’ispirazione.
Per chi non ha soldi il downshifting è più che normale e quotidiano, così come è minore per forza l’impatto sull’ambiente già se non hai la macchina e non ti puoi permettere cibi già pronti. O non ti puoi permettere di rinnovare l’abbigliamento.
Sono d’accordo! Quando non si hanno soldi da spendere non c’è santo che tenga. Invece ci sono tanti che piangono miseria, che si lamentano di continuo che i soldi non gli bastano mai, ma che non sono disposti a rinunciare a quei status symbol (vedi: lo smartphone, la macchina, vestiti di un certo tipo, ecc…) perchè perderebbero un senso di identità che a mio parere è frutto di quello che la società ci ha inculcato. Cioè che non possiamo far senza.
Ho mollato il mio vecchio lavoro due anni fa e mi sono presa una pausa per ritrovare me stessa. Con i risparmi che avevo ho girato quasi tutta l’Italia con woof e workaway, trovando ospitalità (vitto e alloggio gratis in cambio di qualche ora di lavoro) presso fattorie, rifugi per animali, ecovillaggi, monasteri, b&b, famiglie. Ne ho guadagnato di salute stando a contatto con la natura e condividendo le esperienze di viaggio con tante belle persone italiane e straniere che ho conosciuto in giro. Al ritorno in città mi sentivo un’aliena. Lo stile di vita frenetico ti fagocita. Ho deciso… Leggi il resto »
Ciao Anna e grazie per aver condiviso la tua esperienza! Io penso che la vita cittadina come la stiamo vivendo adesso non sia per niente naturale e per niente salutare, non importa cosa ci vogliono far credere… E se si riesce a cambiare registro per un po’ come hai fatto tu è facile rendersene conto ed è poi difficile tornare indietro.. A me successe la stessa cosa dopo un anno di backpacking in Australia, e ho deciso che non mi andava di fare la fine del topo! Buona fortuna per il tuo progetto allora! Un abbraccio
Non conoscevo questo termini, non conoscevi Perotti ma condivido la filosofia. Personalmente è qualcosa che negli ultimi anni ho cercato di portare nella mia vita e forse sì questo mi ha fatto “perdere” alcune cose materiali, ma devo dire che emotivamente e mentalmente ne ho guadagnato. Vivo una vita migliore.
Una tematica interessante, solo che non é per tutti. Bi sogna avere minimo qualche risparmio alle spalle
Credi che volenti o nolenti questo lockdown ci abbia imposto proprio una parte dei questo dowshifting: niente più shopping compulsivo, bar e ristoranti ad ogni weekend, corse contro il tempo per fare tutto in 24 ore, e stipendio ridotto da “sprecare” in frivolezze… con un’innegabile miglioramento della nostra vita. Ritmi più lenti, riscoperta dei rapporti col vicinato, possibilità di fare con le proprie mani il cibo che mangiamo. Premetto che io sono della stessa idea che sostieni tu: less is more (infatti spesso mi dedico al decluttering più sentirmi più libera e leggera) però… ci sono argomenti che meriterebbero una… Leggi il resto »
Ciao Nicoletta! Si sicuramente è un discorso molto ampio che non ha una risposta univoca e devo dirti la verità, anche scrivendo questo articolo ho dovuto riflettere molto su cosa fosse sensato scrivere o no, per poi concludere che non c’è una riposta che vada bene per tutti. Quando ne sono venuta a contatto la prima volta è stato un po’ come essermi tolta il prosciutto dagli occhi, ma non per questo ho mandato tutto all’aria in due secondi.
Questo articolo è estremamente attuale… Il lock down ci ha insegnato che si può vivere davvero con molto poco
sicuramente un concetto interessante, essere assorbiti troppo dal lavoro non ci permette di avere tempo libero da dedicare a noi stessi e godere delle cose belle della vita. Io non amo molto le cose materiali, più che altro mi piace viaggiare ma per farlo ci vuole denaro che non si ha se non si lavora, è un cane che si morde la coda
Non conoscevo questo termine
Ma credo che sia un percorso che tutti stiamo vivendo
E’ una filosofia molto interessante, personalmente non conoscevo il termine. Il lavoro e la vita quotidiana spesso ci risucchiano ed è molto difficile, a volte, riemergere e riuscire a dedicarsi a noi stessi. Viviamo in un mondo frenetico, dove le nostre passioni, come ad esempio quella del viaggio, a volte non trovano spazio e colmiamo il vuoto con le cose materiali.
Sono arrivata ad un bivio lavorativo: la proposta di una importante promozione. Conseguenze: + soldi, + responsabilità, + benessere, + gratificazione. La mia risposta? Mi sono licenziata. Le crisi scoppiano in un momento, ma rappresentano anni. Per me si tratta di anni in cui ho percepito nettamente che stavo sbagliando strada. Quando arrivi a casa la sera distrutta e non riesci a dedicare energie al tuo compagno, quando gli unici momenti di gioia vera si riducono al weekend, quando le tue passioni non c’entrano nulla con il tuo lavoro. Io non ero arrivata al capolinea, ma avevo già preso una… Leggi il resto »
Ciao Silvia e grazie per aver condiviso la tua storia! Io avrò avuto coraggio ma anche tu non scherzi! Complimenti per la scelta che hai fatto, per aver messo te stessa di fronte ai soldi e alla sicurezza di un lavoro! Credo che la cosa più importante nella vita sia rimanere fedeli a se stessi e tu ci stai riuscendo!
Affascinante il concetto del downshifting, mi affascina da sempre, ma come in ogni cosa, credo che l’ideale stia sempre nel mezzo. Adottare uno stile di vita più semplice, ma secondo le proprie idee. Dev’essere qualcosa di sostenibile per se stessi, altrimenti diventa una forzatura.
Ogni cambiamento troppo radicale non porta mai a buoni risultati se non fatto con criterio e a piccoli step!
Ciao è importante uniformarsi ai ritmi della natura, in un certo senso applico questa filosofia da sempre
Per te dev’essere stata una vera illuminazione questa scelta di vita…io ancora non mi sento pronta per questa scelta.
Esatto mi sento proprio come un criceto nella ruota che tutti i giorni fa sempre le stesse cose ripetutamente. Che tristezza se ci penso
adoro viaggiare splendidi consigli per fottere il sistemasei una donna coraggiosa
Diciamo che questo era il normale modo di vivere di un tempo, con il quale sono stata cresciuta. Crescendo ho solo fatto delle scelte, in questo senso, per mantenerlo con maggiore consapevolezza di tante cose.
Buon per te Sara!!
Ne avevo già sentito parlare non per il lavoro, ma per la casa; passare cioè da una casa grande ad una piccola.. e mi incuriosisce davvero tanto
Credo che sia lavorare troppo per guadagnare e non godersi mai il tempo libero, come lavorare meno, avere più tempo libero e preoccuparsi dei soldi siano controproducenti. Parlare invece di priorità e saper spendere il proprio tempo e soldi è invece quello che dovremmo imparare per vivere meglio.
Tutto ciò mi rispecchia molto: dall’anno sabbatico che non mi ha fatto più riprendere la vita di prima, la conclusione di un rapporto di lavoro ventennale per cominciare a viaggiare e a scrivere di viaggi. Gli oggetti, appunto, di arredamento e abbigliamento, in particolare quest’ultimi hanno lasciato il budget ai viaggi. Io le persone negative le ho sempre scartate
Ecco io ho comprato anche un’enoteca…. che gestisce il mio compagno, io vado a bere…
Beh questo lockdown ci ha insegnato un po’ a riflettere di più sul nostro modo di vivere e sui nostri ritmi. Spero veramente che passato questo periodo non si ritorni ai ritmi terribili che avevamo prima, ma che tutto ciò almeno sia servito a insegnarci qualcosa!
Questo tuo articolo mi fa molto riflettere, forse è la risposta che stavo cercando. Grazie!
Sono contenta di averti dato ispirazioni!
Questo articolo sembra parlare proprio a me. Ero dipendente dallo shopping: ho speso un sacco di soldi per cose davvero inutili fino all’università – soprattutto vestiti. “Compra che ti passa” era proprio il mio mindset: acquistare mi dava quel senso di soddisfazione malata che NON dovrebbe dare. È così sbagliato, e lo vedo solo ora. Ci sono uscita con qualche anno di lavoro su di me. Ora ci scrivo su 🙂 Grazie per questa bellissima condivisione. Mi iscrivo subito alla newsletter!
Ciao Michela e grazie del tuo feedback! Anche io ero nella tua stessa barca fino a qualche anno fa, poi viaggiare mi ha cambiata e mi ha fatto capire quali sono le mie priorità: esperienze e non oggetti!